Proroga delle missioni internazionali di pace: il mio intervento in aula

Proroga delle missioni internazionali di pace: il mio intervento in aula

questo il mio intervento sul Decreto Missioni! Troppe incongruenze, troppi regali, troppi rischi in Afghanistan.Poca cooperazione, poca condivisione, poca giustizia.

Pubblicato da Gianluca Rizzo M5S su Mercoledì 12 marzo 2014

Signora Presidente, colleghe e colleghi, membri del Governo, oggi questo Parlamento si ritrova a discutere l’ennesimo decreto d’urgenza riguardante il finanziamento delle missioni internazionali, delle Forze armate e di polizia, le iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Per noi, cittadini del MoVimento 5 Stelle, è la seconda volta che ci troviamo di fronte a questo fardello di oltre 600 milioni di euro, già stanziati dal precedente Governo Letta e sul quale molto c’è da dire: sull’utilizzo coerente di queste somme.
Per la seconda volta ci teniamo a denunciare come i decreti del Governo Letta siano stati redatti oltre la data naturale di scadenza dei precedenti provvedimenti lasciando per oltre due settimane le missioni internazionali portate avanti dal nostro Paese senza una base giuridica, finanziaria e politica. Un fatto che ha destato in noi grande inquietudine, in particolare per quelle missioni più sensibili e delicate come l’Afghanistan e il Libano. Un evento che noi del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle continueremo instancabilmente a denunciare, come del resto abbiamo fatto in occasione della precedente decretazione d’urgenza arrivata con dieci giorni di ritardo rispetto alla data del 30 settembre 2013. Tra l’altro, l’uso forzoso di inserire in unico calderone diverse missioni internazionali che di per sé sono diverse l’una dall’altra preclude all’organo preposto a legiferare, cioè noi, di scindere e decidere per il meglio, sia in termini di impegno delle forze militari, che di stanziamenti economici. Forse sono delle valutazioni strategiche governative utili a nascondere al Parlamento e all’opinione pubblica dei pericolosissimi principi di incostituzionalità per alcune missioni a costringerli ad operare in questa maniera ? Come in Mali, per esempio, o in Afghanistan, il confine morale e giuridico tra un intervento di pace e un’azione bellica d’offesa è così labile che i rischi di scavalcare i dettami costituzionali sono concreti e reali, come più volte da noi denunciato.
Ma procediamo con ordine. Primo: missioni internazionali delle Forze armate e di polizia. Sono trascorsi più di trent’anni della missione Libano 1, il primo vero intervento all’estero delle Forze armate italiane, e poco più di venti dalla prima missione in Iraq, prima vera operazione militare delle Forze armate italiane in questo dopoguerra. Una lunga esperienza, che oggi consente e nello stesso tempo impone una seria riflessione. La crisi economica può esserne l’elementoPag. 54catalizzatore, ma non può rappresentarne il punto di riferimento. L’Italia, intesa come media potenza, deve domandarsi quali sono gli obiettivi e le modalità del suo coinvolgimento nelle missioni internazionali. Fino ad ora, e soprattutto nel primo periodo, l’Italia ha aderito con volontaristico entusiasmo soprattutto a richieste provenienti dall’esterno, Paesi alleati o coinvolti e/o organizzazioni internazionali. Proprio su questo aspetto noi vorremmo porre maggiore attenzione. Cui prodest ? All’industria bellica italiana ? Probabilmente sì, anzi sono proprio loro i veri beneficiari di tante regalie. Senza missioni estere non si investirebbe in armamenti e senza investimenti in armamenti non si garantirebbe la possibilità di investimento in questo settore da parte di importanti asset statali. Finmeccanica, Selex, Agusta Westland, sono loro che godono dei benefici della finta copertura celata dietro le parole «missione di pace». Ma parliamoci chiaro: usiamo queste missioni per far addestrare i nostri soldati, visto che ormai all’esercizio ci sono pochi soldi, tutti riversati nell’acquisto di nuovi sistemi d’arma. Ai Paesi membri degli accordi internazionali siglati dall’Italia quali NATO, ONU e Unione europea ? Certamente, sì, signor Presidente. L’Italia è lo zerbino d’Europa; facciamo finta di partecipare da protagonisti ad aule internazionali, ma sappiamo benissimo che effettivamente le scelte strategiche vengono stabilite in altre sedi, a Washington, Parigi e a Londra. È come chiedere di essere invitati a cena da un gruppo di persone che poco o niente vogliono condividere con noi. All’Italia viene data la possibilità di intervenire nel panorama mondiale delle crisi in atto semplicemente perché i nostri uomini sono riconosciuti come validi interlocutori delle popolazioni ospitanti, perché siamo i più umani tra gli umani e perché dal punto di vista politico-strategico siamo gli unici in grado di spendere più di quanto potremmo semplicemente per ottenere un posto a sedere al tavolo dei grandi. È come comprarsi un auto lussuosa a rate senza avere poi i soldi per poterla mantenere. Ci sembra ridicolo.
Noi siamo contro tutte le missioni di peace enforcing e per la missione in Afghanistan chiediamo che venga definitivamente indicata una data di rientro di tutte le forze militari presenti, così come per il Mali. Sulle missioni di peacebuilding and conflict prevention potremmo anche discuterne cambiandone, però, gli obiettivi e gli stanziamenti. Active Endeavour e la missione «Mare Nostrum», missione che, tra l’altro, non è nel decreto-legge, sono dei doppioni, operano nello stesso scenario per raggiungere gli stessi obiettivi. Allora ci domandiamo: perché non potenziare quest’ultima ed abolire la prima ? Ocean Shield: gli atti di pirateria nell’Oceano Indiano stanno diminuendo. Statisticamente le azioni di saccheggiamento di mercantili aumentano nel Golfo di Guinea. L’incredibile questione diplomatica legata ai marò e la rinuncia da parte del Governo indiano dell’acquisto di elicotteri militari italiani avrebbero dovuto far pensare ad un chiaro messaggio di forza da parte del nostro Governo, come, per esempio, rinunciare completamente a partecipare alle missioni in questa area del mondo o quantomeno ridurle drasticamente.
Invece, proprio questa missione risulta essere l’unica alla quale vengono stanziati più soldi e più uomini: più 10 per cento in termini economici e due volte e mezzo in più di militari. Ci sono proprio delle contraddizioni in essere o avete delle giustificazioni per le quali sarebbe utile informare i familiari dei militari coinvolti e gli italiani in genere ? Per non parlare della missione ad Hebron: da un lato, mandiamo osservatori a tutela della popolazione palestinese, dall’altro, continuiamo a vendere e comprare armi con Israele.
Ma andiamo oltre: la Libia, tanto cara al condannato Berlusconi. Continuiamo a regalare soldi in virtù di un Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Jamahiriyya araba, libica, popolare, socialista. Ora, senza nulla togliere ai fratelli libici, ma, dal momento che la Libia di allora non è la stessa di ora, non sarebbe il caso di riaffrontare il tema e prendere dellePag. 55decisioni più consone e vicine alle reali necessità di quel popolo ? Invece, che facciamo ? Regaliamo oltre 3 milioni e mezzo di euro a titolo di indennizzo per la manutenzione delle navi che l’Italia cedette alla Marina libica.
Andiamo oltre: le iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Vogliamo far notare che la normativa di riferimento è ferma a quasi trent’anni fa e che, ancora una volta, la sproporzione tra l’entità delle risorse finanziarie destinate alle missioni militari e quelle finalizzate alla cooperazione allo sviluppo rendono l’idea di come l’atteggiamento del Governo non sia privo di pregiudizi, forse, dovuti a pressione di stampo militare che ne pilotano le scelte.
Prendiamo atto del fatto, purtroppo, che la situazione non è mutata, nonostante l’intensa battaglia ostruzionistica combattuta dal gruppo del MoVimento 5 Stelle in occasione della conversione del precedente decreto-legge trimestrale. In questo settore, siamo certi che l’Italia non ha eguali e possiamo essere un concreto riferimento nel mondo della cooperazione. I nostri cooperanti, le piccole ONG, i volontari che quotidianamente vivono fianco a fianco a fianco alle persone in aree di crisi rappresentano il vero simbolo di quell’essere umani, empatici e proiettati all’aiuto del prossimo. Ci viene naturale, abbiamo una grande dote di umanità e di bontà, senza eguali nel mondo.
Come dovrebbe essere svolta l’attività di una ONG o di agenzie internazionali secondo i principi di trasparenza, onestà e altruismo che ci contraddistinguono nella nostra visione di un mondo migliore, di una società diversa, con l’uomo al centro delle attività economiche e sociali ? Abbiamo come l’impressione che la loro stessa sopravvivenza, con tutte le loro organizzazioni fatte di persone, mezzi e capitali, sia legata, come un gemello siamese, alla miseria e all’ignoranza dei popoli che si tenta di aiutare.
Chiaramente non voglio generalizzare, ma credo che il nostro compito di cittadini sia quello di entrare nel merito degli stanziamenti che riguardano la cooperazione. Infatti, sarebbe utile conoscere qualità e quantità degli aiuti umanitari che arrivano a queste persone in rapporto ai costi di gestione per garantirne il funzionamento. Ad esempio, quanto costa la macchina organizzativa dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati in rapporto alle attività realmente destinate a migliorare infrastrutture o salute nei Paesi che beneficiano di tali aiuti ?
E se avessimo la bacchetta magica e tutti i problemi dei Paesi nei quali interveniamo venissero effettivamente risolti dai risultati ottenuti dalle ONG o dalle agenzie internazionali nel mondo, come potrebbero vivere le stesse ? Se non ci fossero rifugiati, poveri, esuli, perseguitati che dipendono dalle organizzazioni umanitarie, di cosa si dovrebbero occupare queste agenzie internazionali ? Qualora i Paesi africani, del continente asiatico, dell’America latina riuscissero a riscattare il proprio destino in funzione di quello che noi, Paesi occidentali saremmo in grado di realizzare attraverso gli aiuti umanitari, dove andrebbero a svolgere il loro lavoro di funzionari le migliaia di persone che lavorano dietro a una scrivania ? Discorso a parte, invece, per chi realmente svolge le proprie attività sul campo, a cui nulla si può rimproverare.
Allora, io immagino il settore della cooperazione in grado di istruire i popoli, di renderli autonomi da noi, di insegnare la storia vista dai loro occhi, e non da quelli dei vincitori o dei colonizzatori. Come per il MoVimento 5 Stelle, per il quale il fatto stesso di esistere è subordinato al raggiungimento dell’obbiettivo di portare i cittadini dentro il Parlamento italiano, anche per le organizzazioni umanitarie sogniamo di poter prevedere una vita a tempo determinato in funzione del raggiungimento dell’autosostentamento dei popoli in difficoltà.
Passo al terzo aspetto, l’inclusione nel decreto-legge di elementi estranei allo stesso. In questo decreto d’urgenza abbiamoPag. 56forti perplessità circa il sempre crescente esborso finanziario, altri 45 milioni di euro, accordato ai lavori di ristrutturazione del quartier generale della NATO a Bruxelles che vanno avanti dal 2002. Dovendo dare ampio sfogo alla nostra immaginazione non riusciamo a capire quali siano le fattezze di tale faraonica ristrutturazione. Per il nuovo quartier generale della NATO a Bruxelles, di cui l’Italia sembra essere uno dei maggiori finanziatori, segnaliamo che l’intero progetto ha un costo previsto di un miliardo di dollari. Il nuovo edificio è già realizzato per l’80 per cento e i lavori dovrebbero terminare nel 2016, speriamo.
Lo scorso settembre è stato assegnato un contratto a Lockheed Martin per un valore stimato dall’azienda in più di 100 milioni di dollari per la realizzazione delle infrastrutture informatiche del quartier generale e, il mese scorso, l’italiana Selex ES di Finmeccanica è entrata a far parte del teamdi aziende impegnate nel progetto di cui Lockheed Martin è prime contractor e fornirà attività operative di manutenzione collaborando con Lockheed alla realizzazione dei servizi di comunicazione sicura dell’edificio inclusi i sistemi di comunicazione wireless, voce e dati per i terminali degli utenti. Non si conosce il valore del contratto assegnato a Selex ES ma l’azienda ha fatto sapere che è triennale e rinnovabile per ulteriori cinque anni.
Una ulteriore contraddizione risiede nello stanziamento di diverse centinaia di migliaia di euro per temi che poco riguardano le missioni all’estero e rappresentano aiuti a pioggia. Un milione 110 mila 160 euro per la stabilizzazione nei Paesi in situazioni di fragilità, di conflitto o post conflitto; due milioni di euro a sostegno di pace e di rafforzamento della sicurezza in Africa subsahariana e in America centrale; 800 mila euro, fondi fiduciari delle Nazioni Unite e della NATO, UN staff college di Torino e segretariato dello IAI; 12 milioni 742 mila 128 euro per interventi operativi di emergenza e di sicurezza destinati alla tutela dei cittadini e degli interessi italiani all’estero. Vorremmo sapere quali sono gli interessi italiani all’estero, quelli delle aziende che delocalizzano le loro attività ?
Facendo un excursus del decreto poi, per esempio, sui due commi aggiunti al Senato, uno all’articolo 3 e l’altro all’articolo 5 del decreto, va sottolineata la nostra contrarietà in quanto il primo, il comma 4-bis dell’articolo 5, riguarda un riordino delle carriere dal grado di capitano a quello di maggiore che non ha niente a che vedere con le missioni internazionali. Indipendentemente dal giudizio che si può dare alla norma si ritiene che sia più utile che essa sia presente in provvedimenti riguardanti il riordino delle carriere. Sull’altro, il comma 6-bis dell’articolo 3, in assenza di note esplicative che rendano chiaro lo stanziamento di 5 milioni di euro per il sostegno a quanti hanno subito danni in conseguenza della guerra in Libia, come deciso dalla risoluzione ONU 1973, il MoVimento 5 Stelle ritiene inammissibile un finanziamento cieco, senza la dovuta documentazione e necessità. Perché dobbiamo regalare soldi a pioggia ? Perché volete sempre calpestare i principi di trasparenza e di rispetto di quest’Aula ?
L’ultima cosa che ci piacerebbe sottolineare, signora Presidente, è la seguente: il Presidente del Consiglio Renzi, appena insediatosi a palazzo Chigi twittò un messaggio nel quale comunicava di aver parlato con i nostri due fucilieri di marina in India. «Ho appena parlato al telefono con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, faremo semplicemente di tutto», disse. A questo punto chiedo al Presidente Renzi: raddoppiare la presenza dei nostri militari in seno alla missione antipirateria Ocean Shield, le sembra coerente con quanto da lei affermato ? Ma si sa, a gettare fumo negli occhi degli italiani lei è un maestro peccato che oltre a questa competenza ci sia il nulla

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